Avete presente la bilancia? Molto bene. Ad ottobre andava presa e gettata via. Non l’avete fatto? Siete ancora in tempo.
Via MI PESO per un attimo.
Sì al MI PENSO.
Mi fermo un secondo e mi penso perché devo iniziare, se non l’ho mai fatto, a volermi bene.

Pe(N)sati: i dati
OLTRE 48.000 CASI IN UN ANNO (anno 2015). QUARANTOTTOMILA. Secondo altre stime ad oggi siamo intorno ai 55.500 (55.000 DONNE E 500 UOMINI). CINQUANTACINQUEMILA.
Eh già. Signore care, abbiamo un triste primato che portiamo avanti da una vita intera, e ce lo portiamo a ridosso del cuore. Il nostro seno che tanto ci distingue, ci contraddistingue, ci fa capire quanto siamo tutte splendidamente diverse, può ammalarsi da un momento all’altro. Si tratta della neoplasia più frequente in assoluto nella popolazione femminile; lo sapevate? No? Ora lo sapete. Siamo tutte coinvolte e tutte chiamate ad una sensibilizzazione maggiore al tema che ci tocca senza distinzione alcuna, da vicino.
Teniamo bene a mente la cifra riportata sopra. E’ spaventosa. Ma oggi deve fare meno paura. Vi spiego perché. La mortalità per tumore della mammella diminuisce, e diminuisce molto. Al momento è la più bassa registrata in Italia da 40 anni a questa parte.
Il trend di incidenza tra il 2003 e il 2018 appare in leggero aumento (+0,3% per anno) mentre continua a calare, in maniera significativa, la mortalità (-0,8% per anno). L’aumento di incidenza è riferito in particolare alle donne di 45-49 anni, e potrebbe essere spiegato dall’ampliamento dello screening mammografico in alcune regioni che hanno coinvolto anche questa fascia di età (oltre a quella di 50-69 anni per cui storicamente è attivo lo screening). Ecco i dati in dettaglio:
• 35-44 anni: l’incidenza appare stabile; la mortalità cala dello 0,9% l’anno
• 45-49 anni: l’incidenza aumenta dello 0,6%; la mortalità si abbassa dell’1% l’anno.
• 50-54 anni: l’incidenza è sostanzialmente stabile (+0,2%); la mortalità si abbassa dello 0,6% l’anno
• 50-69 anni: l’incidenza è stabile; la mortalità cala dell’1% l’anno
• Over 70: l’incidenza è pressoché stabile (-0,2%); la mortalità si riduce dello 0,6% l’anno
Sebbene la gran parte dei tumori della mammella siano sporadici, esiste un 15-20% di casi definiti familiari in cui c’è una frequenza superiore di circa il doppio rispetto a quella della popolazione generale. Si parla di familiarità quando c’è un raggruppamento di più casi di tumore al seno in un nucleo familiare senza un’evidente trasmissione della malattia da una generazione alla successiva. (Dati AIRTUM – ANNO 2020)
Questo può essere dovuto a molti fattori fra cui una predisposizione genetica su cui vanno ad interagire altre cause esterne, a volte condivise dai familiari, come fattori ambientali, stili di vita (dieta, fumo, ecc..). In questo gruppo l’insorgenza dei tumori si ha spesso dopo i 50 anni. Non starò qui, in questo frangente, a dirvi quanto fa bene mangiare un po’ più sano e di qualità (sappiate però che ciò che mettiamo nel piatto può influire moltissimo) ma piuttosto a ricordarvi di prendere i dati sopracitati come realtà seria e tangibile.
Pe(N)sati: parlarne è ancora un tabù ma serve a noi stesse a agli altri
L’epidemiologia del tumore della mammella sta profondamente cambiando, si sono ottenuti appunto tanti successi grazie sia alla diffusione della diagnosi precoce e allo sviluppo dei programmi di screening mammografico, sia all’erogazione di trattamenti efficaci. La mortalità dunque è calata. Bene così. Ma non basta. Non ci basta assolutamente. Perché spesso parlarne è ancora un tabù, un qualcosa di cui vergognarsi o addirittura da non nominare in pubblico. Molte donne al momento di una diagnosi (per fortuna sempre più precoce) sprofondano in solitudine, non si confidano quasi con nessuno, non ne parlano neppure a casa o con una migliore amica. Atteggiamento sbagliato, comprensibile, ma sbagliato. Parlarne è la prima arma che abbiamo in mano per combattere questa malattia. Aiuta noi stesse, chi ci vuole bene e permette di aiutare le future donne che ne verranno colpite.
Non è affatto facile affrontare la malattia oncologica, l’intervento successivo e le terapie mediche che ne conseguono. L’angoscia di fronte alla notizia di avere il cancro è una reazione naturale, umana, ma non certo facile da gestire. L’intervento chirurgico modifica inevitabilmente una parte del corpo visibile della donna, parte che per lei rappresenta tre grandi temi della vita, ovvero il fulcro della femminilità, la maternità, la sessualità. Molte donne, come accennato sopra, si preoccupano dell’immagine sociale, ossia del fatto che l’intervento, più o meno mutilante, possa influire in modo negativo su ciò che gli altri pensano di loro. Quindi, accade che il mutamento dell’assetto corporeo, della qualità di vita, della propria immagine esterna, della propria intimità e non ultima ma non meno drammatica la paura del tumore, possano creare uno stato di depressione e sfiducia nel futuro.
E’ importante affidarsi e confidarsi ad un team qualificato e preparato che comprenda anche il supporto psicologico. Siamo tutte Wonder Woman ma siamo anche umane e con dei limiti che ci rendono tali; è impensabile affrontare da sole una sfida così grande. Per questo è necessario non soffocare le proprie emozioni, non colpevolizzarsi e cercare di percorrere fino in fondo una strada in salita, molto complicata, ma poi rigenerativa, di ricostruzione di sé e della propria immagine interiore. In qualche modo occorre venire a patti con queste emozioni, senza farsi, però, sopraffare dallo sconforto: è importante, infatti, che l’umore, supportato appunto, sostenga il delicato percorso di guarigione. Feeling Nova è anche questo e con immensa gratitudine ringrazio ancora una volta Chiara Pasini per avermi dato voce sul suo blog. Guarda l’ultimo progetto fotografico dedicato all’Ottobre Rosa, Rifiorisci dalle cicatrici.

Pe(N)sati: facciamo prevenzione!
La prevenzione gioca un ruolo fondamentale, batte sul tempo il cancro, ma non solo; smuove persino le più restie, scatena dubbi ed angosce e ci riporta con i piedi su Madre terra: siamo fatte di carne, abbiamo un solo corpo e dobbiamo prendercene cura. Tante professionisti ormai si battono e si prodigano sempre più per una maggiore auto consapevolezza, divulgazione e corretta informazione. Anche se parlarne spesso ed ovunque non è mai abbastanza.
Dunque fare prevenzione deve essere sinonimo di VOLERSI BENE, è un dovere in questo senso verso noi stesse, ma va inteso non come una forzatura, piuttosto dovrebbe esser vissuto come un riconciliarsi con la nostra intimità, con la nostra anima, con la nostra vita. Non è detto che NECESSARIAMENTE Ottobre debba rappresentare per tutte questo appuntamento; c’è chi se lo regala a Natale, chi per il proprio compleanno, chi ha una ricorrenza speciale che porta nel cuore. Non fa differenza il QUANDO, basta scegliere un periodo dell’anno o una data a noi cara, purchè si faccia.
Ciò che ci circonda infine, i giudizi esterni, le battute sentite di sfuggita, dette per stupidità o ignoranza, in quel momento particolare in cui ci dedichiamo (finalmente!) a noi stesse, non ci deve interessare. Piuttosto quando ci capita di imbatterci in qualcuno che non comprende o peggio sbeffeggia tale situazione/scelta, un po’ per timore (forse) un po’ per mentalità pesantemente retrograda o semplicemente scettica, cerchiamo di rispondere pacatamente: “Sì, oggi mi sono presa cura di me. Tu l’hai fatto? PENSATI.”
Dottoressa Serena Fioravanti
Neurobiologa e Biologa Nutrizionista
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